Che cos’è l’estradizione?
L’estradizione consiste nella consegna di un individuo da parte di uno Stato ad un altro affinché in questo secondo Stato venga sottoposto a processo oppure sconti la pena già comminata.
L’estradizione è dunque una forma di collaborazione tra Stati per favorire la lotta alla criminalità.
Si distingue tra estradizione attiva e passiva: nella prima ipotesi lo Stato richiede la consegna di un soggetto, nella seconda la concede.
In Italia l’art. 13 del Codice Penale afferma che l’estradizione è disciplinata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagli usi internazionali.
È ammessa solo quando il fatto per cui è chiesta l’estradizione è previsto come reato in Italia e nello Stato a cui la richiesta di estradizione è inviata (principio della doppia incriminazione).
Anche la Costituzione si occupa di estradizione affermando all’art. 26 che il cittadino può essere estradato solo se previsto da accordi internazionali e che l’estradizione non è mai ammessa per reati politici. Inoltre è vietata quando l’ordinamento straniero sanziona con la pena di morte il delitto commesso (o imputato) al soggetto presente sul territorio italiano (art. 10 co. 4 Cost.).
Dal punto di vista procedurale l’estradizione è regolata dagli artt. 697 e seguenti del Codice di procedura penale. Quando il Ministro di Grazia e Giustizia riceve la domanda da uno Stato estero egli dispone la comparizione davanti a sé dell’interessato, lo informa della domanda e gli chiede un parere, previo avviso che può farsi assistere da un legale di fiducia o gliene viene nominato uno d’ufficio. Poi il Ministro (meglio un funzionario del Ministero all’uopo incaricato) invia il dossier (requisitoria) alla Corte d’Appello del distretto ove l’imputato o il condannato risiede o dimora o ha un domicilio ove si terrà un vero e proprio dibattimento al quale può partecipare anche un rappresentante dello Stato che chiede l’estradizione.
La pronuncia della Corte d’Appello può essere impugnata in Cassazione.